In memoriam

Is there an Artificial God?
Douglas Adams' speech at
Digital Biota 2, Cambridge U.K.
September 1998

Esiste un Dio Artificiale?

Discorso di Douglas Adams per Digital Biota 2, Cambridge – Regno Unito.

Settembre 1998



In onore della memoria di Douglas, Biota.org presenta la trascrizione del suo discorso a Digital Biota 2, tenutasi al Magdelene College di Cambridge nel settembre 1998. Voglio ringraziare Steve Grand per avercela fornita. Douglas la presentò “a braccio”, il che può solo rendere più grande il suo genio ai nostri occhi. -- Bruce Damer



Questo era stato originariamente concepito come un dibattito solo perché ero un po' spaventato nel venire qui. Non pensavo di aver tempo di preparare nulla ed inoltre, in una stanza piena di simili luminari, pensavo 'cosa posso mai io, un dilettante, avere da dire?' Così ho pensato di cavarmela con un dibattito.

Ma, dopo essere stato qui per un paio di giorni, ho capito che siete solo un mucchio di tizi! E' stato uno stracarico di idee e ne ho avute io stesso così tante a forza di parlare e ascoltare che ho pensato che quello che avrei fatto sarebbe stato alzarmi, avere un'opinione e dibatterla con me stesso. Parlerò per un po' e, spero, a sufficienza per provocare e infiammare la platea abbastanza perché ci sia un'esplosione di lanci di sedie alla fine.



Prima che mi imbarchi con l'argomento che voglio cercare di affrontare, lasciate che vi avverta che potrei perdere un tantino il filo delle cose di tanto in tanto, perché c'è un mucchio di roba che arriva da quello che abbiamo sentito oggi, per cui, diciamo, ogni tanto mi svio... stavo dicendo a qualcuno oggi che ho una figlia di quattro anni e che trovavo molto, molto interessante osservare il suo viso durante le sue prime 2 o 3 settimane di vita e all'improvviso ho capito qualcosa che nessuno avrebbe potuto capire in epoche precedenti- si stava riavviando! [Rebooting, NdT]



Voglio solo menzionare un'altra cosa, che è del tutto priva di significato ma di cui vado terribilmente orgoglioso- sono nato a Cambridge nel 1952 e le mie iniziali sono DNA!



L'argomento che voglio presentarvi questa sera, l'argomento del dibattito che in qualche modo stiamo per non avere, è vagamente faceto (sarete sorpresi di sentirlo, ma vedremo dove ci porterà)- “Esiste un Dio Artificiale?”

Sono sicuro che la maggior parte delle persone in questa sala condividono la stessa visione, ma anche da ateo incallito uno non può fare a meno di notare che il ruolo di un dio ha avuto un impatto enormemente profondo sulla storia umana per molti, molti secoli. E' molto interessante chiedersi da dove ciò sia venuto e cosa in realtà significhi, in questo mondo scientifico moderno nel quale a volte speriamo contro ogni speranza di vivere.



Stavo pensandoci oggi mentre Larry Yaeger stava parlando di “cos'è la vita?” ed ha menzionato alla fine qualcosa che io non sapevo, riguardante un particolare campo del riconoscimento della scrittura manoscritta. La mia mente è stata attraversata dal seguente strano pensiero: che cercare di capire cosa la vita sia e cosa non sia, e dove stia il confine, ha una relazione interessante con come riconosciamo la scrittura. Tutti sappiamo, quando ci mettono davanti una certa sostanza, che sia un po' di muffa dal frigo o qualsiasi cosa, istintivamente sappiamo quando qualcosa è un esempio di vita e quando non lo è. Ma si rivela tremendamente difficile definirla esattamente.

Mi ricordo una volta, tanto tempo fa, di aver avuto bisogno di una definizione di vita per un discorso che dovevo tenere. Aspettandomi che ce ne fosse una semplice e cercandola su Internet, fui strabiliato da quanto disparate fossero le definizioni e quanto, quanto dettagliata dovesse essere ciascuna di esse per includere “questo” ma non includere “quello”. Se ci pensate, un insieme che includa il moscerino della frutta, Richard Dawkins e la Grande Barriera Corallina è un ben strano insieme di oggetti.

Quando si cerca di immaginare quali siano le regole che cerchiamo, cercando di trovare una regola che sia auto-evidentemente vera, questo si rivela molto, molto difficile.



Facciamo un paragone col fatto di riconoscere se qualcosa sia una A, una B o una C. E' un processo simile, ma è anche un processo molto, molto diverso, perché di qualcosa possiamo dire che “non siamo proprio sicuri se vada considerata vita o non vita, è un po' come sul confine, no? è probabilmente un esempio molto elementare di quello che si potrebbe chiamare vita, forse è giusto un po' vivo o forse no”. O magari potremmo dire, di qualcosa che sia un esempio di Vita Digitale, “questo si conta come vivo?”

Per copiare la frase di prima di qualcuno, è qualcosa che quando lo pesti fa “squish”?

Pensiamo alla controversa ipotesi di Gaia: la gente dice “il pianeta è vivo?” “l'ecosfera è viva o no?” Alla fine dipende da come definiamo queste cose.



Confrontiamolo con il riconoscimento della scrittura manoscritta. Alla fine stiamo cercando di dire “questa è una A o una B?” La gente scrive le A e le B in molti modi diversi, con fronzoli, scialbi o che altro.

Non si può dire “be'. è un po' A-esco ma c'è anche un po di B lì dentro”, perché non si può scrivere la parola 'alba' con una cosa del genere: E' una A, oppure è una B.

Come si decide? Se state facendo del riconoscimento di scrittura manoscritta, quello che state facendo non è stabilire i gradi di relativa A-ezza o B-ezza della lettera, ma cercando di identificare l'intenzione della persona che l'ha scritta.

Alla fine è molto chiaro – è una A o una B? - ah, è una A, perché la persona che ha scritto stava scrivendo la parola alba e chiaramente è questo ciò che significa. Quindi, alla fine, in assenza di un creatore intenzionale, non si può dire cosa la vita sia , perché semplicemente dipende da quale insieme di definizioni includiamo nella definizione complessiva. Senza un dio, la vita è solo questione di opinioni.

Voglio rifarmi a qualche altra delle cose che sono venute fuori oggi. Sono stato affascinato da Larry (lui, di nuovo!) che parlava di tautologia, perché c'è un argomento sul quale ricordo di essere inciampato una volta, a capo del quale non sono stato capace di venire con una risposta perché mi sono trovato troppo spiazzato dal quesito e non riuscii proprio a venirne a capo. Un tizio mi aveva detto “si, ma l'intera teoria dell'evoluzione è basata su una tautologia: quello che sopravvive, sopravvive”. Questo è tautologico, perciò non significa niente. Ci ho pensato per un po' ed alla fine mi è apparso chiaro che tautologia è qualcosa che non vuol dire nulla, non solo che nessuna informazione ci è entrata ma che nessuna conseguenza ne è venuta fuori.

Quindi, potremmo accidentalmente esserci imbattuti nella risposta ultima; è l'unica cosa, l'unica forza, probabilmente la più potente di cui siamo a conoscenza, che non richieda alcun input, alcun altro supporto da nessuna parte, che sia auto evidente, perciò tautologica, ma nondimeno straordinariamente potente nei suoi effetti. E' difficile trovare qualcosa che corrisponda a questo e perciò l'ho usata all'inizio di uno dei miei libri. L'ho ridotta a quello che mi è parso il mero essenziale, molto simile a quello con cui avete esordito, che era” tutto ciò che accade accade, qualunque cosa che nell'accadere causa che qualcos'altro accada causa che qualcos'altro accada e qualunque cosa che nell'accadere causa che se stessa accada di nuovo, accade di nuovo”.

In effetti non servono nemmeno le ultime due, perché derivano dalla prima, la quale è auto-evidente e non c'è altro che sia necessario dire, tutto il resto deriva da quella. In conclusione, credo che abbiamo in pugno qui una verità fondamentale, ultima, contro la quale non vale la pena di dire nulla. E' stata individuata dal tizio che ha detto che questa era una tautologia. Si, lo è, ma è una tautologia unica, in quanto non richiede che alcuna informazione entri ma un'informazione infinita ne esce. Quindi, credo che questa sia probabilmente la causa prima dell'Universo. Tesi ambiziosa, ma sento di avere un pubblico ben disposto.



Da dove arriva l'idea di Dio? Be', penso che noialtri abbiamo un punto di vista molto deformato su un bel mucchio di cose, ma cerchiamo di vedere da dove venga fuori il nostro punto di vista.

Immaginiamo l'uomo primitivo. L'uomo primitivo è, come qualsiasi altra cosa, una creatura derivata dall'evoluzione, e si ritrova in un mondo che ha cominciato a prendere un po' in carico, ha iniziato ad essere un costruttore di utensili, un modificatore del suo ambiente mediante gli strumenti che si è costruito e costruisce strumenti, quando lo fa, allo scopo di produrre modificazioni nel suo ambiente.

Per fare un esempio del modo in cui agisce l'uomo rispetto agli altri animali, consideriamo la speciazione, la quale, come sappiamo, tende ad avvenire quando un piccolo gruppo di animali rimane separato dal resto del branco da qualche sommovimento geologico, pressione demografica, scarsità di cibo o qualsiasi cosa, e si ritrova in un nuovo ambiente magari con qualche cosa di nuovo che succede. Prendiamo un esempio molto semplice: magari un gruppo di animali si ritrova in un posto in cui il clima è parecchio più freddo. Sappiamo che entro un po' di generazioni i geni che favoriscono una pelliccia più folta saranno diventati preminenti, arriviamo e troviamo che gli animali adesso hanno una pelliccia più folta.

L'uomo primitivo, che è un costruttore di strumenti, non ha bisogno di fare così: riesce ad abitare una varietà straordinariamente ampia di habitat sulla terra, dalla tundra al Deserto del Gobi – riesce persino a vivere a New York, perdio – e la ragione è che quando arriva in un nuovo ambiente non ha bisogno di aspettare parecchie generazioni; se arriva in un ambiente più freddo e vede un animale che possiede quei geni che favoriscono una pelliccia più folta dice: “me la prendo da lui”. Gli strumenti ci hanno messo in grado di pensare in modo intenzionale, a costruire cose ed a fare cose per creare un mondo che ci si adatti meglio.

Ora immaginate un uomo primitivo che esamina i suoi dintorni alla fine di una buona giornata di costruzione di strumenti. Guarda in giro e vede un mondo che gli piace un sacco: dietro di lui ci sono montagne con delle caverne-le montagne sono una figata perché puoi andare a nasconderti dentro le caverne e sei fuori dalla pioggia e gli orsi non ti possono prendere; davanti a lui c'è la foresta – ci sono noci e bacche e ottimo cibo; ci passa un corso d'acqua, pieno di acqua – l'acqua è buonissima da bere, ci puoi far andare le barche e ci puoi fare ogni sorta di cose; ecco il cugino Ug che ha appena preso un Mammut – anche i Mammut sono una figata, puoi mangiarli, puoi indossarne la pelliccia, puoi usare le loro ossa per fare armi per prendere altri Mammut. Voglio dire, questo mondo è una figata, è fantastico.

Ma il nostro uomo primitivo trova un momento per riflettere e pensa tra , “be', di sicuro è un mondo interessante questo in cui mi ritrovo” e poi si chiede una domanda molto pericolosa, una domanda che è totalmente priva di significato e fallace, ma gli viene solo a causa della natura del tipo di persona che è, il tipo di persona che ha prosperato proprio perché ha questo particolare modo di pensare.

L'uomo costruttore guarda il suo mondo e dice: “E quindi, questo allora chi l'ha fatto?”

Chi l'ha fatto? - lo vedete perché sia una domanda trabocchetto. L'uomo primitivo pensa: “be', visto che c'è un solo tipo di essere, che io sappia, che fa cose, chiunque abbia fatto tutto questo deve perciò essere uno come me, ma molto più grande, molto più potente e necessariamente invisibile, e visto che io tendo ad essere quello forte dei due, è probabilmente maschio”.

E così ci ritroviamo l'idea di dio.

A quel punto, visto che quando noi facciamo qualcosa lo facciamo con l'intenzione di farci qualcosa con quella cosa, l'uomo primitivo si chiede, “se l'ha fatto, per che cosa l'ha fatto?”

E qui scatta la vera trappola, perché l'uomo primitivo sta pensando, “questo mondo mi si adatta proprio bene. Qui ci sono tutte le cose che mi sostentano e mi nutrono e si occupano di me; si, questo mondo mi sta proprio bene” e arriva alla conclusione che chiunque l'abbia fatto l'ha fatto per lui.

E' più o meno come se immaginassimo una pozzanghera che si sveglia la mattina e pensa: “è proprio un mondo interessante questo in cui mi ritrovo- un buco interessante questo in cui mi ritrovo – mi si adatta proprio bene, no? In effetti, mi si adatta straordinariamente bene, deve essere stato fatto apposta per avere me, dentro!” Questa è un'idea così potente che man mano che il sole sale nel cielo e l'aria si riscalda, e man mano che la pozzanghera diventa via via più piccola, ancora si aggrappa freneticamente all'idea che tutto finirà bene, perché questo mondo era fatto per contenerla, era stato creato per contenerla; così, il momento in cui scompare del tutto la coglie parecchio di sorpresa.

Penso che questa sia una cosa su cui dovremmo stare bene in guardia. Sappiamo tutti che ad un certo momento nel futuro l'Universo arriverà ad una fine e che ad un certo altro momento, parecchio prima di quello ma ancora non immediatamente incombente, il sole esploderà. Ci pare di avere parecchio tempo prima di preoccuparcene, ma d'altra parte questa è una cosa molto pericolosa da dire. Guardate cosa sta per succedere il primo gennaio del 2000- non facciamo finta di non essere stati avvertiti che il secolo stava per finire!

Penso che dovremmo assumere una prospettiva più ampia su chi siamo e cosa facciamo, se vogliamo sopravvivere a lungo termine.



Ci sono alcune cose strane nella prospettiva con cui vediamo il mondo. Il fatto che viviamo sul fondo di un profondo pozzo gravitazionale, sulla superficie di un pianeta coperto di gas che gira intorno ad una palla di fuoco nucleare distante 90 milioni di miglia e pensiamo che tutto questo sia normale è ovviamente un'indicazione di quanto distorta la nostra prospettiva tenda ad essere, ma abbiamo fatto parecchie cose nel corso della storia intellettuale per correggere lentamente alcune delle nostre errate conclusioni.

Abbastanza curiosamente, parecchie di esse sono derivate dalla sabbia, per cui parliamo delle quattro età della sabbia.

Con la sabbia facciamo il vetro, col vetro facciamo lenti e con le lenti facciamo i telescopi. Quando i primi grandi astronomi, Copernico, Galileo ed altri, puntarono i loro telescopi sui cieli e scoprirono che l'Universo era un posto straordinariamente diverso da come ce lo aspettavamo e che il mondo, lungi dal costituire la maggior parte dell'Universo, con giusto qualche piccola lucina a girargli intorno, saltò fuori – e ci volle tanto ma tanto ma tanto tempo Perché ci entrasse in mente – che è giusto un piccolo minuscolo bruscolino che gira intorno ad una piccola pallina nucleare, che è una delle milioni e milioni che costituiscono questa particolare galassia e la nostra galassia è una delle milioni e milioni che costituiscono l'Universo e che dobbiamo anche affrontare la possibilità che vi siano miliardi di universi, questo si rivelò un certo qual ridimensionamento della prospettiva che l'Universo fosse nostro.

Mi piace piuttosto, questo concetto e, come stavamo discutendo con qualcuno oggi, c'è un libro che mi è molto piaciuto recentemente, di David Deutsch, che è un sostenitore della visione dei molteplici universi, intitolato “Il tessuto della Realtà”, nel quale esplora l'idea di una visione quantistica dell'Universo come molteplici universi.

Questa deriva dalla famosa dicotomia onda-particella del comportamento della luce- cioè che non si può misurarla come un'onda quando si comporta da onda, o come particella quando si comporta da particella. Come funziona? David Deutsch sottolinea che se immaginiamo il nostro Universo semplicemente come uno strato e che ci sia un'infinita molteplicità di universi che si estendono su tutti i lati, non solo questo risolve il problema, ma il problema semplicemente non si pone.

Così è esattamente come ci aspettiamo che la luce si comporti in queste circostanze. La meccanica quantistica fornisce ragioni fondate per l'idea che l'Universo si comporti come se ci fosse una molteplicità di universi, ma credere che ci siano davvero stiracchia parecchio la nostra immaginazione.



Questo ci riporta dritti a Galileo ed al Vaticano. In effetti, quello che il Vaticano disse a Galileo fu: “Noi non contestiamo le tue osservazioni, contestiamo solo le spiegazioni che ne dai. Va benissimo se dici che è più o meno come se fossero i pianeti a ruotare e che è come se noi fossimo uno di quei pianeti ed è come se quei pianeti ruotassero tutti intorno al sole; va bene finché dici che è come se tutto ciò accadesse, ma non ti è permesso di dire che è proprio questo che succede, perché noi possediamo una prerogativa totale sulla verità universale e anche semplicemente perché stiracchia la nostra personale immaginazione. Proprio allo stesso modo, penso che l'idea che ci siano molteplici universi al momento stiracchi la nostra immaginazione ma può ben darsi che sia semplicemente un altro degli stiracchiamenti con cui dobbiamo imparare a convivere, proprio come abbiamo dovuto imparare a vivere con un bel mucchio di altri in passato.



L'altra cosa che vien fuori da questa visione dell'Universo è che si rivela essere composto quasi interamente, in modo piuttosto inquietante, di nulla. Dovunque si guardi, c'è nulla, con rari piccoli piccoli minuti frammenti di roccia o luce. Ma ciononostante, osservando il modo in cui questi piccoli minuti frammenti si comportano nella vasta nullità, cominciamo a distillare certi principi, certe leggi, come la gravità e così via. Così questa era, se volete, la visione macroscopica dell'Universo, venuta dalla prima età della sabbia.



La successiva età della sabbia e quella microscopica. Abbiamo messo le lenti di vetro nei microscopi e abbiamo cominciato a guardar giù verso la visione microscopica dell'Universo. Allora abbiamo cominciato a scoprire che quando scendiamo al livello subatomico, anche il mondo solido in cui viviamo è costituito, di nuovo in modo piuttosto preoccupante, di quasi null'altro che nulla e che dovunque si trovi effettivamente qualcosa, si rivela essere non proprio un qualche cosa reale, ma solo la probabilità che in quel punto ci sia qualche cosa.



In un modo o nell'altro, si tratta di un Universo profondamente fuorviante. Dovunque si guardi comincia ad essere estremamente allarmante ed estremamente inquietante per il nostro senso di chi siamo- grosse, concrete persone fisiche che vivono in un Universo costituito quasi esclusivamente per noi – il fatto che semplicemente non è così.

A questo punto stiamo ancora distillando da questo ogni sorta di principi fondamentali, scoprendo il modo in cui funziona la gravità, il modo in cui funzionano le forze nucleari deboli e forti, scoprendo la natura della materia, la natura delle particelle e così via, ma ora che abbiamo raggiunto tutti questi fondamentali, non siamo ancora molto capaci di capire come funzioni, perché la matematica di tutto questo è veramente piuttosto complicata.

Così, tendiamo a venircene fuori con una visione quasi ad orologeria di come tutto questo funzioni, perché questo è il massimo che la nostra matematica possa reggere.

Non voglio in alcun modo sminuire Newton, visto che ho idea che sia stato la prima persona a vedere che c'erano all'opera dei principi che sono diversi da qualsiasi cosa noi effettivamente vediamo intorno a noi. La sua prima legge del moto – che qualcosa resterà nel suo stato di quiete o di moto fino a quando una qualche forza non agisca su di esso – è qualcosa che nessuno di noi, che viviamo in un pozzo gravitazionale, in una bolla di gas, abbia mai visto, perché tutto quello che noi muoviamo alla fine si ferma. Fu solo attraverso osservazioni, deduzioni e misurazioni molto molto attente ed alla distillazione dei principi sottostanti a ciò che tutti possiamo veder succedere che riuscì a venir fuori coi principi che tutti conosciamo per essere le leggi del moto; tuttavia questa è, in termini moderni, una visione ancora grosso modo meccanica dell'Universo. Come dico, non intendo in alcun modo sembrare sminuire Newton in alcun modo, perché i suoi risultati, come tutti sappiamo, furono assolutamente monumentali, tuttavia in qualche modo per noi non sembrano aver senso.

Ora, c'è ogni sorta di altre entità di cui siamo coscienti, oltre a particelle, forze, tavoli, sedie e così via, che sono quasi invisibili alla scienza; quasi invisibili, perché la scienza non ha quasi nulla da dire da dirne. Sto parlando di cani e gatti e mucche e quant'altro. Noi cose viventi siamo, finora, oltre il dominio di qualsiasi cosa la scienza possa effettivamente dire, quasi addirittura oltre il poter riconoscere noi stessi come cose su cui ci si potrebbe aspettare che la scienza avesse qualcosa da dire.



Mi immagino Newton seduto a lavorare alle sue leggi del moto e cercare di capire il modo in cui funziona l'universo e vicino a lui un gatto che si aggira. La ragione per cui non avevamo idea di come funzionassero i gatti è che, dopo Newton, avevamo proceduto sul principio molto semplice che essenzialmente, per vedere come funziona una cosa, la dovevamo aprire. Se aprite un gatto per vedere come funziona, la prima cosa che vi ritrovate in mano sarà un gatto che non funziona. La vita è un livello di complessità che cade quasi fuori dalla nostra visione, è talmente aldilà di qualsiasi cosa che abbiamo modo di comprendere che siamo costretti a pensarla come una classe distinta di oggetti, una classe distinta di materia; la “vita”, qualcosa che possiede una qualche misteriosa essenza, è stata data da dio – e questa era l'unica spiegazione che avessimo. Il botto arriva nel 1859 quando Darwin pubblica “Sull'origine delle Specie”. Ci vorrà molto tempo prima che riusciamo realmente ad afferrarlo ed iniziamo a comprenderlo, perché non solo sembra incredibile e profondamente riduttivo del nostro significato, ma costituisce ancora un altro scossone al nostro sistema il fatto di scoprire che noi non siamo il centro dell'Universo e siamo fatti di nulla, ma siamo partiti come una qualche melma e siamo arrivati dove siamo passando per l'essere una scimmia. Semplicemente, non suona bene. Ma anche, non abbiamo alcuna opportunità di veder funzionare questa roba. In un certo senso Darwin è stato come Newton, in quanto è stato la prima persona a vedere dei principi, che davvero non erano per nulla ovvi, al di sotto del mondo di tutti i giorni in cui viviamo. Abbiamo dovuto pensarci molto per capire la natura di ciò che stava capitando intorno a noi e non disponevamo di alcun esempio chiaro, ovvio e quotidiano di evoluzione da portare. Anche oggi questo resta un problema non trascurabile se state cercando di persuadere qualcuno che non crede a tutta 'sta roba dell'evoluzione e vuole che gli mostriate un esempio – sono difficili da trovare in termini di osservazioni di tutti i giorni.



Ed eccoci alla terza età della sabbia. Nella terza età della sabbia scopriamo qualcos'altro che possiamo fare con la sabbia- il silicio. Facciamo il chip di silicio-e all'improvviso, quello che ci si apre è un universo non fatto di particelle fondamentali o di forze fondamentali, ma delle cose che mancavano in quel quadro e che ci dicono come esse funzionano: quello che il chip di silicio ci ha rivelato è stato il processo. Il chip di silicio ci consente di fare matematica in modo straordinariamente veloce per creare modelli dei processi, di fatto molto molto semplici, che sono analoghi alla vita in termini della loro semplicità; iterazione, ciclicità, decisione condizionata, l'anello di retroazione che sta alla base di qualsiasi cosa facciamo con un computer ed alla base di qualsiasi cosa accada nell'evoluzione- vale a dire, lo stadio di uscita di una generazione diventa lo stadio di ingresso della successiva. Tutt'ad un tratto abbiamo un modello funzionante, cioè non proprio subito, perché le prime macchine sono terribilmente lente e rudimentali, ma gradualmente accumuliamo un modello funzionante di questa cosa che prima potevamo solo indovinare o dedurre – e bisognava essere un pensatore parecchio chiaro e parecchio acuto per intuirne l'esistenza quando era tanto meno che ovvia e davvero contro intuitiva, particolarmente per una specie orgogliosa come la nostra.



Il computer costituisce una terza era di prospettiva, perché d'improvviso ci consente di vedere come funziona la vita. Ora, questo è un punto straordinariamente importante perché diviene autoevidente che la vita, che tutte le forme di complessità non scorrono verso il basso, scorrono verso l'alto e c'è un'intera grammatica con cui chiunque sia abituato ad usare un computer ha ormai familiarità, il che significa che l'evoluzione non è più qualcosa di speciale, perché chiunque abbia mai dato almeno un'occhiata a come funziona un programma di computer sa che pezzi iterativi molto, molto semplici d codice, ciascuna riga del quale è terribilmente semplice, danno esistenza a fenomeni di enorme complessità entro un computer – e con fenomeni di enorme complessità intendo tanto un programma di trattamento di testi quanto Tierra o Creatures. [Programmi per simulazione di entità evolutive autoreplicanti. NdT]



Mi ricordo la prima volta in cui ho letto un manuale di programmazione, molti molti anni fa. Avevo iniziato ad incontrare per la prima volta i computer intorno al 1983 e volevo saperne un po' di più, così decisi di imparare qualcosa sulla programmazione. Comprai un manuale di C [Un linguaggio di programmazione. NdT] e lessi i primi due o tre capitoli, mettendoci circa una settimana. Alla fine diceva “Congratulazioni, avete appena scritto la lettera A sullo schermo!” [Ci siamo passati tutti... NdT]. Ho pensato “be', qui devo aver frainteso qualcosa, perché c'è voluto un grande, enorme lavoro per fare questo, quindi adesso se voglio scrivere una B?”

Il processo della programmazione, la velocità ed i mezzi con cui una enorme semplicità dà luogo a risultati enormemente complessi non erano parte della mia grammatica mentale a quel tempo.

Lo è adesso-ed è sempre più parte di tutte le nostre grammatiche mentali, perché ci siamo abituati al modo in cui funzionano i computer.

Così', all'improvviso, padroneggiare l'evoluzione cessa di essere un grosso problema. E' più o meno così: immaginate, se volete, il seguente scenario. Un martedì, una persona viene vista in una strada di Londra commettere un atto criminoso. Due detective stanno indagando, cercando di capire cosa sia successo. Uno di essi è un detective del 20° secolo e l'altro, grazie alle meraviglie della fantascienza, è un detective del 19° secolo. Il problema è questo: la persona che è stata vista ed identificata nella strada di Londra martedì è stata vista da qualcun altro, un testimone altrettanto affidabile, in una strada di Santa Fe quello stesso martedì- come può mai essere possibile? Il detective del 19° secolo potrà pensare che ciò possa essere spiegato solo da qualche tipo di intervento magico. Ora, il detective del 20° secolo potrebbe non arrivare a dire “Ha preso il volo BA tal dei tali e poi il volo United tal altro”, potrebbe non arrivare a immaginare esattamente in che modo ci sia riuscito, o che tratte abbia volato, ma non è un problema. Non lo disturba, dice solo “C'è arrivato in aereo. Non so quale aereo e potrebbe essere un po' complicato scoprirlo, ma non c'è alcun sostanziale mistero”. Siamo abituati all'idea del volo a reazione. Non sappiamo se il criminale abbia volato BA178, o UA270 o qualsiasi cosa, ma sappiamo approssimativamente come ha fatto.

Sospetto che man mano che guadagniamo maggiore dimestichezza col ruolo che i computer giocano ed il modo in cui i computer modellano il processo di elementi enormemente semplici che da luogo a risultati enormemente complessi, allora l'idea che la vita sia un fenomeno emergente diventerà sempre più facile da digerire. Potremmo non arrivare mai a sapere esattamente quali passi la vita ha fatto nei primi stadi di questo pianeta, ma non è più un mistero.



Quindi ciò a cui siamo arrivati ora - e benché la prima onda d'urto di questo arrivo sia stata nel 1859, è in realtà l'avvento dei computer che ce lo dimostra incontrovertibilmente – è “c'è davvero un Universo che non è progettato dall'alto verso il basso ma dal basso verso l'alto? Può la complessità emergere da livelli inferiori di semplicità?”

Mi ha sempre colpito come bizzarro il fatto che l'idea di Dio come creatore fosse considerata spiegazione sufficiente per la complessità che vediamo intorno a noi, perché semplicemente non spiega da dove siamo venuti. Se immaginiamo un progettista, questo implica un progetto e che perciò ogni cosa lui progetti o di cui causa che venga progettata sia più semplice di lui o lei, allora dobbiamo chiederci “Qual'è il livello sopra il progettista?”

C'era un particolare modello di Universo in cui ci sono tartarughe fin giù in fondo1, ma qui ci ritroviamo con degli dei fin su in cima. Non è in effetti una risposta molto buona, ma una soluzione dal basso verso l'alto, d'altra parte, che si basa sulla tautologia incredibilmente potente di “ogni cosa che accade, accade” chiaramente fornisce una risposta molto semplice e potente che non richiede ulteriore spiegazione di alcun genere.



Ma ecco la cosa interessante. Ho detto che avrei voluto chiedere “Esiste un dio artificiale?” e qui è dove voglio affrontare la domanda del perché l'idea di dio sia così persuasiva. Ho già spiegato da dove penso che sbuchi originariamente questa specie di illusione: viene da una falsità della nostra prospettiva, perché non prendiamo in considerazione il fatto che siamo esseri che si sono evoluti, esseri che si sono evoluti entro un particolare habitat, entro un particolare ambiente con un particolare insieme di abilità e visioni del mondo che ci hanno consentito di sopravvivere e prosperare con un certo successo. Ma pare ci sia un'idea ancora più potente di quella, ed è questa l'idea che voglio proporre, vale a dire che il punto in cima alla piramide da cui abbiamo detto prima che proveniva il flusso delle cose, potrebbe in realtà non essere vuoto, giusto perché noi diciamo che il flusso non va in quella direzione.



Lasciatemi spiegare cosa intendo con questo. Abbiamo creato, entro il mondo in cui viviamo, ogni sorta di cose; abbiamo cambiato il nostro mondo in ogni sorta di modi. Questo è molto molto chiaro. Abbiamo costruito la stanza in cui ci troviamo ed ogni sorta di cose complicate, come computer e così via, ma abbiamo anche costruito ogni sorta di entità fittizie che sono enormemente potenti. Perciò dovremmo dire “E' una cattiva idea; è stupida- dovremmo semplicemente liberarcene?”. Be', ecco un'altra entità fittizia- il denaro. Il denaro è un'entità totalmente fittizia, ma nel nostro mondo è estremamente potente; ognuno di noi ha un portafogli, nei quali abbiamo banconote, ma cosa possono fare le banconote? Non si possono allevare, non si possono friggere, non ci si può vivere dentro, non c'è assolutamente nulla di utile che ci possiate fare, altro che scambiarcele tra noi- ed appena ce le scambiamo succede ogni sorta di cose potenti, perché è una finzione alla quale abbiamo tutti aderito. Non pensiamo che sia sbagliato o giusto, buono o cattivo; ma il fatto è che se il denaro svanisse l'intera struttura cooperativa che abbiamo imploderebbe, ma se tutti noi dovessimo svanire, anche il denaro semplicemente svanirebbe.

Il denaro non ha alcun significato fuori da noi stessi, è qualche cosa che abbiamo creato e che ha un potente effetto nel manipolare il mondo, perché è qualcosa a cui tutti abbiamo aderito.



Mi piacerebbe che qualcuno scrivesse una storia evolutiva della religione, perché il modo in cui si è sviluppata mi pare mostrare ogni sorta di strategie evolutive.

Pensate alle corse agli armamenti2 che avvengono tra una o due specie animali che vivono nello stesso ambiente. Per esempio la corsa tra il Manato amazzonico ed un particolare tipo di canna di cui si nutre. Più canne il manato mangia, più la canna sviluppa silice nelle proprie cellule per attaccare i denti del manato e tanta più silice si trova nelle canne, tanto più i denti del manato diventano grandi e forti. Un lato fa una cosa e l'altro vi si oppone. Come sappiamo, in ogni aspetto dell'evoluzione e della storia le corse alle armi sono state qualcosa che pilota l'evoluzione nei modi più potenti e nel mondo delle idee si possono vedere all'opera cose simili.



Ora, l'invenzione del metodo scientifico e della scienza sono, e sono certo saremo tutti daccordo, la più potente idea intellettuale, il più potente contesto per pensare ed investigare e capire e indagare il mondo intorno a noi che ci sia, e si fonda sulla premessa che ogni idea è lì per essere attaccata e se resiste agli attacchi resta lì per combattere un altro giorno e se non resiste agli attacchi, via che se ne va.

La religione non sembra funzionare in questo modo: ci sono certe idee al suo nocciolo che essa chiama sacre o sante o quant'altro.

Questa è un'idea cui siamo tanto abituati, che vi aderiamo o meno, che è quasi strano pensare a cosa in effetti significhi, perché quello che davvero significa è “Ecco un'idea o un concetto di cui non vi è permesso dire nulla di male, semplicemente no. Perché no? - Perché no!” Se qualcuno vota per un partito con cui siete in disaccordo, siete liberi di discuterne finché volete; ognuno avrà i suoi argomenti ma nessuno se ne sentirà turbato. Se qualcuno pensa che le tasse dovrebbero aumentare o diminuire siete liberi di litigare sull'argomento, ma se d'altra parte qualcuno dice “Non devo toccare un interruttore della luce di sabato”, voi dite “Bene, lo rispetto”. La cosa strana è che, anche mentre dico questo sto pensando “magari c'è un Ebreo Ortodosso che si sentirà offeso dal fatto che ho appena detto questo?” mentre non avrei pensato “magari c'è qualcuno di sinistra o di destra o qualcuno che sostiene questa o l'altra visione economica” quando mi riferivo agli altri punti. Avrei solo pensato “abbiamo opinioni diverse” Ma, nel momento in cui dico qualcosa che ha a che fare con le credenze (metterò a repentaglio il collo e aggiungerò irrazionali) di qualcuno, allora tutti diventiamo terribilmente protettivi e terribilmente difensivi e diciamo “No, questo non lo possiamo attaccare, è una credenza irrazionale ma no, la rispettiamo”.

E' più o meno, se torniamo a pensare in termini di evoluzione animale, come un animale che abbia sviluppato un incredibile carapace intorno a se, come una tartaruga – questa è un'ottima strategia di sopravvivenza perché nulla può penentrarci – oppure un pesce velenoso al quale nulla si avvicina, che quindi prospera tenendo lontana qualsiasi minaccia a ciò che lui è. Nel caso di un'idea, se pensiamo “Ecco un'idea protetta da santità o sacralità”, cosa significa? Perché dovrebbe essere che sia perfettamente legittimo sostenere il Partito Laburista o il Partito Conservatore, i Repubblicani o i Democratici, questo modello economico nei confronti di quell'altro, il Macintosh nei confronti di Windows, ma avere un'opinione su come l'Universo è cominciato, su chi abbia creato l'Universo, quello no, quello è sacro! Cosa significa? Perché lo proteggiamo con una cerchia, per una qualsiasi ragione diversa dal fatto che ci siamo semplicemente abituati a fare così? Non c'è assolutamente alcun'altra ragione, è solo una di quelle cose che si sono trovate ad essere ed una volta che questo ciclo diventa vizioso è molto, molto potente. Quindi, siamo abituati a non sindacare le idee religiose ma è molto interessante quanto furore susciti Richard [Dawkins, biologo evolutivo non teista. Presente a Biota ed amico dell'A. NdT] quando lo fa! Tutti diventano assolutamente frenetici al riguardo, perché non si possono dire quelle cose. Eppure se ci guardiamo razionalmente non c'è alcuna ragione per cui quelle idee non dovrebbero essere altrettanto soggette a dibattito come qualsiasi altra, se non perché ci siamo in qualche modo messi daccordo tra di noi che non debbano esserlo.



C'è un libro molto interessante- non so se qualcuno qui l'abbia letto- intitolato “L'Uomo sulla Terra” di un antropologo che una volta era a Cambridge, di nome John Reader, in cui descrive il modo in cui...farò un piccolo passo indietro e vi parlerò di tutto il libro.

E' una serie di studi su differenti culture nel mondo che si sono sviluppate entro circostanze in qualche modo isolate, su isole o in vallate o cose del genere, per cui è possibile trattarle fino ad un certo punto come esperimenti in provetta. Si può quindi vedere esattamente fino a che punto il loro ambiente e le loro circostanze immediate abbiano influito sul modo in cui la loro cultura si è sviluppata. E' una affascinante serie di studi. Quello che ho in mente adesso è uno che descrive la cultura e l'economia di Bali, che è una piccola isola molto affollata che vive di riso. Ora, il riso è un cibo incredibilmente efficiente e se ne riesce a coltivare una gran quantità in uno spazio relativamente ristretto, ma necessita di un'enorme quantità di lavoro e richiede una mole di cooperazione molto, molto precisa tra la gente del posto, specialmente quando su una piccola isola c'è una popolazione numerosa che deve viverne. Coloro che osservano il modo in cui funziona l'agricoltura del riso a Bali ne restano piuttosto stupite in quanto è intensamente religiosa. La società di Bali è tale che la religione ne permea ogni minimo aspetto ed ognuno entro quella cultura rimane molto, molto precisamente definito in termini di chi sia, quale sia il suo stato e quale il suo ruolo nella vita. E' tutto definito dalla chiesa; hanno un calendario molto particolare ed un insieme di tradizioni e rituali altrettanto particolari, definiti con precisione e, abbastanza stranamente, sono fantasticamente bravi ad essere molto, molto produttivi nel loro raccolto di riso. Negli anni '70, venne gente che notò che il momento della raccolta del riso era determinato dal calendario del tempio. Sembrava del tutto privo di senso, così dissero “Liberatevi di tutto questo, possiamo aiutarvi a rendere il vostro raccolto molto, molto più produttivo anche di come state facendo, sia pure con molto successo, ora. Usate questi pesticidi, usate questo calendario, fate questo e quell'altro” Così iniziarono e per per due o tre anni la produzione di riso crebbe enormemente, ma l'intero equilibrio predatori/prede/parassiti venne completamente alterato. Molto rapidamente, il raccolto tornò a crollare e i Balinesi dissero “Al diavolo, torniamo al calendario del tempio” e ripristinarono quello che c'era prima e tutto tornò subito a funzionare di nuovo perfettamente.

Va bene affermare che basare la raccolta del riso su qualcosa di irrazionale e privo di significato come una religione sia stupido – dovrebbero essere capaci di arrivare alle stesse conclusioni in modo più logico di così, ma potrebbero anche dirci “La vostra cultura e la vostra società funzionano sulla base del denaro, che è solo una finzione, quindi perché non ve ne liberate e non cooperate semplicemente fra voi? - e noi sappiamo bene che non funzionerebbe!



Quindi, c'è un senso nel quale noi costruiamo dei meta-sistemi sopra di noi per riempire gli spazi che prima popolavamo con un'entità che si supponeva essere il progettista intenzionale, il creatore (anche se non ne esiste uno) e poiché noi – non intendo necessariamente noi in questa stanza ma noi come specie – prima ce ne progettiamo e creiamo uno e poi ci permettiamo di comportarci come se ci fosse davvero, cominciano a succedere tutta una serie di cose che altrimenti non succederebbero.



Lasciate che tenti di illustrare quello che intendo in un modo diverso. Questo è molto speculativo; qui veramente uscirò allo scoperto, perché è qualcosa di cui veramente non so assolutamente nulla, perciò prendetelo più come un esperimento di pensiero che come una reale spiegazione di alcunché. Voglio parlare del Feng Shui, qualcosa di cui so veramente molto poco, ma se n'è fatto un gran parlare recentemente in termini di capire come un edificio si dovrebbe progettare costruire situare, decorare e così via.

A quanto pare, dobbiamo pensare l'edificio come abitato da draghi e vederlo in termini di come un drago ci si muoverebbe. Per cui, se un drago non fosse felice nella casa, dovete mettere una boccia di pesci rossi qui o una finestra là. Questo suona come un completo e totale nonsenso, perché qualsiasi cosa che includa dei draghi deve essere nonsenso- i draghi non ci sono, quindi qualsiasi teoria basata su come si comporterebbero dei draghi è un nonsenso. Cosa stanno facendo questi stupidi, immaginano che dei draghi possano dirci come costruire la nostra casa? Nondimeno, mi viene in mente che se tralasciate per un momento la spiegazione che di fatto ce ne offrono, può darsi che ci sia qualcosa di interessante che suona così: tutti sappiamo dagli edifici in cui abbiamo vissuto, lavorato, in cui siamo entrati o abbiamo abitato, che alcuni sono più confortevoli, più piacevoli e più gradevoli a viverci che non altri. Non abbiamo creato un vero modo di quantificarlo, ma in questo secolo c'è stato un mucchio di architetti che hanno pensato di saperlo fare, quindi ci è venuta l'orrenda idea della casa come un macchinario per viverci dentro, abbiamo avuto Mies Van der Roe ed altri che hanno eretto strutture di vetro e cose di forme strane che si supponeva costituissero una qualche teoria o l'altra. Tutto è attentamente curato, ma nondimeno gli edifici di costoro non sono in realtà granché piacevoli da viverci dentro.

Ci hanno messo dentro un mucchio di teoria, ma se vi sedete a lavorare con un architetto (e io sono passato per questa stressante esperienza, come di sicuro un sacco di gente) allora quando state cercando di capire come una stanza dovrebbe funzionare state cercando di capire ogni sorta di cose riguardo all'illuminazione, agli angoli, a come le persone si muovono e vivono-e un mucchio di cose di cui non sapete e che rimangono escluse. Non sapete quanta importanza assegnare ad una cosa o all'altra, state cercando, molto consciamente, di capire qualcosa di cui in effetti non avete pressoché idea, ma c'è questa teoria e quella teoria, quel po' di pratica progettuale e quell'altro po' di pratica architettonica; non sapete veramente cosa farvene. Prendiamo a paragone quando qualcuno vi lancia una palla da cricket. Potere rimanere seduti e dire “si sta dirigendo a 17 gradi”; potete cominciare a fare uno schema su carta, fare dei calcoli etc, e più o meno una settimana dopo che la palla vi è sfrecciata accanto, potreste aver capito dove sarebbe passata e come afferrarla. D'altra parte, potete invece semplicemente allungare una mano e lasciare che la palla ci cada, perché abbiamo ogni tipo di facoltà operanti dentro di noi, appena sotto il livello conscio, in grado di effettuare integrazioni complesse di ogni sorta di fenomeni e che alla fine ci consentono di dire “guarda, arriva una palla, prendila!”



Quello che voglio suggerire è che il Feng Shui ed un mucchio di altre cose appartengano esattamente a quel tipo di problema. C'è ogni tipo di cose che sappiamo come fare, ma non necessariamente sappiamo cosa facciamo, ci limitiamo a farle. Torniamo al problema di capire come una stanza o una casa dovrebbero essere progettate e invece di fare tutta la trafile di cercare di mettere a posto gli angoli e cercare di selezionare quali genuini principi architettonici potreste voler prendere da quella che potrebbe essere una transitoria buriana architetturale, semplicemente chiedetevi: “come ci si troverebbe un drago?” Siamo abituati a pensare in termini di creature organiche; una creatura organica può consistere in una enorme complessità di ogni sorta di diverse variabili che vanno oltre la nostra capacità di soluzione ma sappiamo come le creature organiche vivano.

Non abbiamo mai visto un drago ma abbiamo tutti un'idea di che aspetto abbia, perciò possiamo dire “be', se un drago passasse per di là resterebbe incastrato proprio qui e un po' scocciato là perché non avrebbe visto questo e agiterebbe la coda rovesciando quel vaso”. Lo capite subito se il drago sarebbe felice, ed in quattro e quattr'otto di colpo avete un posto in cui vivere abbia un senso per altre creature organiche, come noi stessi.



Perciò, la mia opinione è che mentre diventiamo via via più colti scientificamente, val la pena di ricordare che le finzioni con cui avevamo in precedenza popolato il nostro mondo potrebbero avere qualche funzione che potrebbe valer la pena cercare di capire e di cui tentare di preservare i componenti essenziali, piuttosto che gettare via il bambino con l'acqua calda, perché anche se potremmo non accettare le ragioni date alloraa perché quelle cose ci fossero, potrebbe anche darsi che ci siano ottime ragioni pratiche perché queste cose, o qualcosa di simile, ci fossero. Sospetto che, man mano che procederemo nel campo della vita digitale o artificiale vedremo sempre più proprietà inattese cominciare ad emergere da quello che vedremo accadere e che questo va esattamente in parallelo con le entità che creiamo intorno a noi per conformare e dare forma alle nostre vite e consentirci di lavorare e vivere insieme. Perciò, potrei sostenere che benché non ci sia un vero dio, ci sia invece un dio artificiale e dovremmo probabilmente tenerne conto. Questo è il punto del mio dibattito, ed a questo punto siete liberi di cominciare a lanciare sedie!



D- qual'è la quarta età della sabbia?



Lasciate che faccia un passo indietro e parli del modo in cui comunichiamo. Tradizionalmente, abbiamo u mucchi di diversi modi con cui comunichiamo tra di noi. Uno dei modi è uno-a-uno; parliamo uno con l'altro, facciamo conversazione. Un altro è uno-a-molti, come sto facendo io in questo momento, oppure qualcuno potrebbe alzarsi in piedi e cantare una canzone, o annunciare che dobbiamo partire per la guerra. Oppure abbiamo la comunicazione molti-a-uno; ne abbiamo una versione piuttosto raffazzonata, macchinosa, non proprio ben funzionante, che chiamiamo democrazia, ma in uno stato più primitivo mi alzerei e direi “va bene, andiamo in guerra” e alcuni potrebbero gridare di rimando “No, non ci andiamo”- e infine abbiamo la comunicazione molti-a-molti nel corso del litigio che scoppia subito dopo!



In questo secolo (e nel secolo precedente) abbiamo cristallizzato la comunicazione uno-a-uno nel telefono, con cui ritengo abbiamo tutti dimestichezza. Abbiamo la comunicazione uno-a-molti – ragazzi, di questa ne abbiamo veramente un sacco, trasmissioni, pubblicazioni, giornalismo etc. - ci vengono riversate addosso informazioni da ogni direzione senza alcuna discriminazione di dove vadano a finire. E' curioso, ma non dobbiamo tornare molto indietro nella nostra storia prima di trovare un momento in cui tutta l'informazione che ci raggiungeva era rilevante per noi e perciò ogni cosa che accadeva, ogni notizia, sia che riguardasse qualcosa che era effettivamente successo a noi o nella casa a fianco, o nel villaggio vicino, entro i nostri confini o entro il nostro orizzonte, accadeva entro il nostro mondo e se vi reagivamo, il mondo reagiva di rimando. Era qualcosa che ci riguardava, quindi per esempio, se a qualcuno capitava un terribile incidente potevamo radunarci ed essere effettivamente di aiuto. Oggigiorno, a causa della pletora di comunicazioni uno-a-molti che riceviamo, se un aereo precipita in India possiamo anche metterci terribilmente in ansia per questo, ma la nostra ansia non ha alcun impatto. Non siamo ben capaci di distinguere tra una terribile emergenza capitata a qualcuno dall'altra parte del mondo e qualcosa capitato dietro l'angolo. Non riusciamo più a distinguere bene le due cose, che è la ragione per cui ci agitiamo terribilmente per qualcosa che capita a qualcuno in una soap opera prodotta a Hollywood e siamo stati magari meno coinvolti quando è successo a nostra sorella. Siamo diventati tutti contorti e sconnessi e non è sorprendente che ci sentiamo molto stressati ed alienati nel mondo perché il mondo ha impatto su di noi, ma noi non abbiamo impatto sul mondo. Poi c'è molti-a-uno; quella ce l'abbiamo, ma ancora non molto bene e non ce n'è ancora molta in giro. Essenzialmente, i nostri sistemi democratici ne sono un modello e, benché non siano particolarmente buoni, miglioreranno significativamente.



Ma la quarta, la molti-a-molti, quella proprio non ce l'avevamo prima dell'avvento di Internet, che ovviamente viaggia su fibra ottica. E' la comunicazione tra noi che forma la quarta età della sabbia. Prendete quello che dicevo prima a proposito del mondo che non reagisce a noi quando noi reagiamo ad esso; mi ricordo il primo momento, qualche anno fa, in cui ho cominciato a prendere sul serio Internet. Fu una cosa molto, molto sciocca. C'era questo tizio, uno studente di Tecnologia dei Computer alla Carnegie Mellon a cui piaceva bere Dr Pepper Light [Una qualche bevanda gassata, suppongo, tipo gassosa. NdT]. C'era un distributore di bevande ad un paio di isolati di distanza da lui, dove di solito andava a prendersi la sua Dr Pepper, ma spesso la macchina era esaurita, per cui si era fatto parecchi viaggi a vuoto. Alla fine gli venne in mente “Aspetta! C'è un chip là dentro e io sono su un computer e c'è una rete in questo palazzo, quindi perché non mettere in rete tutte le macchine distributrici, così posso interrogarle dal mio computer ogni volta che voglio e sapere se farò un viaggio a vuoto?” Così connesse la macchina alla rete locale, ma la rete locale faceva parte di Internet- così all'improvviso chiunque nel mondo potè vedere cosa capitasse a questo distributore di bevande. Ora, questa potrebbe non essere un'informazione fondamentale, ma si rivelò curiosamente affascinante; tutti iniziarono a sapere cosa capitasse al distributore di bevande.

La cosa cominciò a svilupparsi, perché il chip della macchina non diceva solo “La scorta di Dr Pepper è finita” ma dava ogni sorta di informazioni; diceva “ci sono 7 Coca e 3 Coca Diet, la temperatura a cui sono conservate è tot e l'ora dell'ultimo rifornimento è stata la tale”. C'era un mucchio di informazione là dentro, c'era in particolare una informazione favolosa: saltò fuori che se qualcuno avesse inserito la sua moneta e non avesse premuto il bottone, cioè se la macchina fosse stata “incinta”, avreste potuto, dal vostro computer in qualsiasi parte del mondo, collegarvi e far cadere quella lattina! Qualcuno avrebbe potuto trovarsi a passare per il corridoio quando all'improvviso “bang” - ecco una lattina di Coca Cola! Cosa ha causato questa caduta?- be' ovviamente qualcuno che stava a 5000 miglia di distanza! Ora, questa era una storia molto, molto banale, ma affascinante, e quello che mi ha detto è stato che quella era la prima volta in cui avremmo potuto rientrare dentro nel mondo. Potrà non essere terribilmente importante che da 5000 miglia di distanza possiate introdurvi nel corridoio di un'Università e far scendere una lattina di Coca Cola, ma è il primo sparo della guerra per appropriarci di un modo del tutto nuovo di comunicare. Perciò è quella, io credo, la quarta età della sabbia.



Collegamenti:

 











[La seconda miglior cosa che potete fare dopo avere buone idee vostre, è tradurre le buone idee di qualcun altro. NdT]



1Aneddoto citato da S. Hawking in A Brief History Of Time riferito ad un modello cosmologico antico secondo il quale il mondo sarebbe sorretto da una tartaruga; al termine di una conferenza sull'origine dell'universo, un'anziana signora disse ad Hawking “Baggianate, tutti sanno che il mondo è piatto e sorretto da una tartaruga gigante”, al che Hawking rispose “Ah, e la tartaruga su cosa poggia?” La vecchietta avrebbe risposto “Furbo, giovanotto, molto furbo! Ci sono tartarughe una sopra l'altra, fino in fondo!” [It's' turtles all the way down] NdT

2Riferimento ai fenomeni di coevoluzione per cui alla maggior velocità della gazzella risponde evolutivamente una maggior velocità del leone, o per cui le sequoie evolvono tronchi enormemente ed eccessivamente alti, nel tentativo di sovrastare le vicine nella ricerca di esposizione solare. NdT